Covid-19, perché è importante tagliare il fumo per l’idrosadenite

FONTE: CORRIERE DELLA SERAdi Vera Martinella

Rinunciare alle sigarette è strategico al fine di limitare  i problemi causati da questa  malattia della pelle. Anche e soprattutto in questo periodo

A causa della situazione di emergenza dovuta al virus SARS-CoV-2 l’attività nei reparti e negli ambulatori ospedalieri di dermatologia è stata molto ridotta, ma per le malattie della pelle sono state garantite visite urgenti, interventi chirurgici non differibili e relative medicazioni, infusioni di farmaci, consulenze al pronto soccorso e nei reparti. «Molte patologie cutanee sono croniche, per questo la regolarità dei trattamenti è fondamentale: sospendere le cure o non seguirle in modo appropriato significa andare incontro a un peggioramento – ricorda Ketty Peris, presidente della Società Italiana di Dermatologia SIDeMaST – . Inoltre, la grande maggioranza dei farmaci prescritti non espone chi li assume a un rischio maggiore di contrarre Covid-19».

Sette anni in media per avere una diagnosi

Proseguono quindi le visite ambulatoriali e i controlli anche per chi soffre di idrosadenite suppurativa, patologia infiammatoria molto dolorosa che si stima interessi in Italia quasi un milione di persone. Per arrivare alla diagnosi, e poi al trattamento corretto, i pazienti affrontano spesso lunghe peregrinazioni fra medici e strutture diversi, ricevendo trattamenti non adeguati. «Un percorso che richiede in media sette anni, con grande sofferenza sia fisica che psicologica – sottolinea Giusi Pintori, paziente e Project Manager del portale web lapellesicura.it -. Per questo è fondamentale sia che i malati continuino il loro percorso di terapie e controlli per non andare incontro a un aggravamento della situazione, sia che chiedano (e ricevano) il sostegno psicologico se ne hanno bisogno».

 I sintomi

Piccoli noduli infiammati localizzati alle pieghe della pelle (come inguine, ascelle, seno glutei o zone genitali) spesso scambiati per semplici foruncoli che poi ricompaiono e possono evolvere in pustole, fistole e ascessi, con secrezioni purulente e maleodoranti. Sono questi i primi sintomi dell’idrosadenite, che in genere fanno la loro comparsa fra i 20 e i 30 anni d’età e in circa tre quarti dei casi interessano le donne: «I malati, non sapendo che fare, spesso finiscono al pronto soccorso e ricevono trattamenti dolorosi e non risolutivi perché la patologia di cui soffrono spesso non viene riconosciuta e nel frattempo peggiora drasticamente la loro qualità di vita» aggiunge Pintori. Diverse ricerche hanno infatti mostrato che i pazienti hanno una percezione distorta della propria immagine corporea e ne risentono a livello psicologico tanto da avere un rischio elevato di depressione e convivere con un forte stato d’ansia, oltre a pagare un prezzo nella propria vita sociale e sessuale. Proprio per questo, specialmente nel difficile periodo che stiamo vivendo a causa dell’epidemia di coronavirus, un sostegno psicologico può essere prezioso.

Le terapie

«Con le giuste terapie e un gruppo multidisciplinare di esperti, però, si possono ottenere dei miglioramenti sebbene non si possa ancora parlare di guarigione definitiva – spiega Gabriella Fabbrocini, ordinario e direttore della Dermatologia e Venereologia all’Università Federico II di Napoli -. Antibiotici topici e sistemici, agenti immunosoppressivi sistemici, retinoidi, ormoni, dapsone, sali di zinco, e inibitori del Tumor Necrosis Factor (TNF-alfa) sono i medicinali più utilizzati in relazione allo stadio di malattia. Adalimumab è poi l’unico biologico approvato per i pazienti con forme moderate o severe nei quali le terapie convenzionali abbiano fallito, ma studi recenti hanno messo in luce che se si arriva tardi alla diagnosi le cure non hanno purtroppo l’efficacia sperata. Farmaci che hanno come target l’Interleuchina 17 e 23 sono poi in fase di studio in attesa di eventuale approvazione». La terapia va scelta in base alla gravità della patologia, al tipo di lesioni, all’evoluzione e all’età del paziente, ma in una malattia cronica e recidiva anche lo stile di vita gioca poi un ruolo fondamentale: chi ne soffre deve quindi imparare a convivere con la patologia correggendo eventuali fattori favorenti o scatenanti seguendo abitudini sane.

Il ruolo dello stile di vita

Sovrappeso, obesità e fumo peggiorano lo stato delle lesioni ed è emerso un legame tra gravità della patologia e numero di sigarette giornaliere. «Sono fortemente raccomandate la dieta mediterranea e l’assunzione di cibi ricchi di sostanze antiossidanti ( come licopene, vitamine C ed E, beta-carotene, selenio e zinco) e una regolare attività fisica – conclude Giuseppe Micali, ordinario di Dermatologia e direttore della Dermatologia e Venereologia all’Università di Catania -. Può poi essere utile usare saponi antisettici per la detersione, evitare indumenti stretti. Infine, è determinante continuare i controlli per calibrare al meglio le cure. Ora sappiamo che l’ecografia, con la sua azione non invasiva, può essere di grande aiuto sia alla diagnosi che al monitoraggio terapeutico, favorendo un’accurata stadiazione della patologia e permettendo di pianificare un approccio medico o chirurgico mirato sul singolo caso».

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