Tumori: con i farmaci innovativi più anni di vita liberi dalla malattia

Le agenzie regolatorie sui farmaci come la statunitense Food and Drug Administration e l’European Medicine Agency devono rivedere i propri parametri di autorizzazione ai farmaci anti-cancro innovativi. Infatti molti di questi prolungano di anni la sopravvivenza libera da malattia, il tempo che un paziente operato per un tumore vive prima di una ricaduta. Tuttavia, non sempre è chiaro il loro impatto sulla sopravvivenza globale (la media della durata della vita di un gruppo di pazienti, dalla diagnosi al momento della morte) che resta ad oggi il parametro classicamente usato dalle agenzie regolatorie. Lo spiega Alberto Sobrero, primario di Oncologia Medica e direttore del Dipartimento Onco-ematologico dell’ospedale San Martino di Genova in un editoriale sul Journal of Clinical Oncology, una riflessione sulla scelta degli obiettivi (“endpoint”) clinici da utilizzare nella valutazione dell’efficacia delle terapie adiuvanti che si somministrano dopo un intervento di rimozione di un tumore.

“Quel che conta di più – aggiunge l’oncologo – per un paziente cui è stato asportato un cancro è vivere senza ricadute, perché dal momento in cui si verifica una ricaduta, in genere non è più possibile la guarigione”. “Con i farmaci in fase di approvazione come adiuvanti di chirurgia e altre terapie – spiega – è auspicabile che il parametro del ‘tempo libero da ricadute” assuma un ruolo prioritario rispetto a quello della sopravvivenza globale su cui si basano oggi Fda e Ema, perché per i pazienti il primo è più rilevante del secondo”. “Se fare una terapia adiuvante dopo la chirurgia aumenta il tempo libero da ricadute di qualche anno rispetto alla sola chirurgia, allora è giusto che la nuova terapia sia utilizzata anche se la sopravvivenza complessiva non migliora di molto”, precisa. Oggi esistono terapie adiuvanti come le immunoterapie o agenti mirati che hanno portato a un significativo miglioramento del tempo libero da ricadute in diverse tipologie di tumori solidi, sottolinea Sobrero. “Bisogna quindi riflettere se è davvero sempre necessario dimostrare il miglioramento della sopravvivenza complessiva per approvare questi farmaci. Infatti le decisioni cliniche in generale dovrebbero essere basate innanzitutto sulla possibilità di guarire il paziente, poi sul prolungamento del tempo libero da malattia e solo come terzo parametro sulla sopravvivenza globale”, conclude l’esperto.

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